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Roma, Camera dei deputati, lunedì 5 febbraio 2007
SISTEMA DI INFORMAZIONE PER LA SICUREZZA DELLA REPUBBLICA
E NUOVA DISCIPLINA DEL SEGRETO

Intervento di Marco Boato, deputato dei Verdi, in discussione generale
Resoconto sommario e stenografico dell'Assemblea Seduta n. 103 di lunedì 5 febbraio 2007

Proposte di legge: Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto
(A.C. 445-A e abbinate). Discussione sulle linee generali

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Micheli, signor presidente e relatore della I Commissione, colleghi, dopo trent'anni dalla legge n. 801 del 24 ottobre 1977, credo che sia evidente a tutti, a tutte le parti politiche ed anche all'opinione pubblica, la necessità di una nuova legge di riforma sul sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Infatti, su questo punto - anche su molti altri, ma su questo in particolare - , mi sembra ci sia una convergenza unanime in questo Parlamento.

Giustamente, il presidente Violante, che è anche relatore del provvedimento, ha fatto riferimento in primo luogo al profondo cambiamento del contesto geopolitico internazionale, che giustifica e rende urgente l'iniziativa legislativa. Vi è stata la fine della guerra fredda, da una parte, dopo il 1989, e, dall'altro lato, si è sviluppata, anziché una situazione di maggiore tranquillità e di equilibrio sul piano internazionale, una condizione di grande instabilità; si è rafforzata, assumendo nuove dimensioni, una serie di minacce internazionali e di conflitti, in particolare, il terrorismo di carattere internazionale e, per altri profili, sono cresciuti i rischi di proliferazione atomica, per citare solo gli aspetti più evidenti. Tutto ciò giustifica il giudizio sul fatto che il cambiamento del contesto geopolitico sia una delle ragioni fondamentali, se non l'unica, a rendere necessaria la riforma.

Le vicende dei servizi di informazione e sicurezza, i cosiddetti servizi segreti, hanno segnato profondamente, e talora - purtroppo - anche negativamente, varie fasi della storia politica italiana del dopoguerra. I passaggi dal SIM al Sifar, da questo al SID, dal SID al SISMI, e analogamente per quanto riguarda le strutture che hanno fatto riferimento al Ministero dell'interno, dalla Divisione affari riservati in poi, sono stati spesso segnati dalla necessità di «girare pagina», di superare momenti di crisi e di difficoltà di funzionamento dei servizi stessi e, spesso, anche di vere e proprie «deviazioni».

La storia italiana, come è stato ricordato, è stata purtroppo costellata da molti eventi gravi e talora tragici (come manovre di carattere eversivo e la cosiddetta strategia della tensione delle stragi), in cui troppo spesso hanno svolto, in passato, un ruolo negativo, in termini di omertà, di coperture, di depistaggio, quando non di esplicita complicità, anche appartenenti ai servizi segreti. Esiste ormai una letteratura al riguardo, interi scaffali di biblioteca di libri di saggistica e di storia che fanno il paio con innumerevoli indagini giudiziarie, nell'ambito delle quali sono emersi gli aspetti critici. Indagini che hanno affrontato sistematicamente la materia, riuscendo difficilmente però a raggiungere risultati definitivi, a parte le vicende riguardanti la strage di Peteano del 31 maggio 1972.

Neppure la riforma, pure importante per quell'epoca, del 1977 è, purtroppo, riuscita a porre termine alla situazione evidenziata. Basti pensare alle vicende del depistaggio organizzato da ufficiali del SISMI in relazione alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Due alti ufficiali dei servizi segreti di allora, che avrebbero dovuto contribuire con la magistratura e la polizia giudiziaria ad individuare i responsabili della strage, misero in atto vere e proprie operazioni di depistaggio, per le quali sono stati perseguiti e condannati.

Ovviamente, un giudizio più equilibrato per la fase storica più recente deve anche portarci a valutare i risultati positivi raggiunti, come la soluzione, ad esempio, negli ultimi anni, di alcuni casi drammatici di sequestro di persona in situazioni di conflitto, evitando altresì, sinora (e mi auguro che non sia soltanto sinora) che l'Italia sia oggetto di attentati terribili, come quelli che hanno caratterizzato, in particolare ma non solo, gli Stati Uniti d'America, la Spagna ed il Regno Unito.

La constatazione di questo aspetto positivo, che ha riguardato sinora il nostro paese, è anche un riconoscimento all'attività che i servizi di informazione e sicurezza hanno svolto al riguardo e di cui è giusto dare atto nel momento stesso in cui si ricordano altre vicende assai negative.

Da circa un decennio si è cominciato a discutere della riforma dei servizi. È stata richiamata, in questa Assemblea, l'attività della cosiddetta Commissione Iucci del 1997; ebbene, sono esattamente trascorsi dieci anni da quando si è cominciato a discutere in modo più stringente della necessaria riforma dei servizi di sicurezza e delle norme riguardanti la disciplina del segreto in generale e del segreto di Stato in particolare. Però, nell'arco di questo decennio, non si è ancora mai riusciti a raggiungere questo obiettivo, pur sempre più ampiamente riconosciuto.

Nella scorsa legislatura, un disegno di legge del Governo allora in carica, per la verità alquanto confuso e contraddittorio, era stato approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica; ma, trasmesso poi alla Camera dei deputati e assegnato in sede referente all'esame della I Commissione affari costituzionali, all'epoca presieduta dal collega Donato Bruno, si arenò dinanzi alla sconcertante e profonda divaricazione di posizioni all'interno dello stesso Governo e degli stessi responsabili dei servizi. Ricordo le molte audizioni, approfondite ed importanti, svolte nella scorsa legislatura presso la I Commissione affari costituzionali di questo ramo del Parlamento al termine delle quali soltanto un grande senso di responsabilità indusse anche noi deputati dell'allora opposizione a non dare eccessiva pubblicità alla vicenda: una divaricazione ed un contrasto di posizioni che venivano emergendo, audizione dopo audizione, tra gli stessi responsabili di allora del Governo e dei servizi.

In questa legislatura, invece, ci si è mossi tanto più tempestivamente quanto più le vicende parlamentari sono state e sono tuttora accompagnate dall'eco di gravi vicende giudiziarie; vicende che non voglio eccessivamente enfatizzare, ma che hanno riempito le pagine dei giornali. Mi riferisco ai casi di Abu Omar e Telecom; devo aggiungere che non condivido minimamente i giudizi critici espressi nei confronti dei magistrati requirenti dal collega Gasparri nel suo intervento di qualche ora fa. Preciso, per inciso, che noi dobbiamo evitare processi sommari e processi a mezzo stampa; non dobbiamo dare giudizi definitivi, tanto più in un'aula del Parlamento, in quanto vale anche in queste vicende giudiziarie il principio costituzionale di non colpevolezza fino ad eventuale accertamento definitivo della responsabilità.

Ma è ben diverso sostenere tale principio garantista - principio che il collega Gasparri invoca in genere a corrente alternata, a seconda nel proprio interesse - e rivolgere invece un attacco frontale nei confronti della magistratura requirente, come ha fatto nel suo intervento il collega. Quindi, ribadisco che in questa legislatura, specie considerando le parallele vicende giudiziarie tuttora in svolgimento, si è partiti con grande tempestività; vorrei aggiungere, usando un termine atecnico, che si è partiti con il piede giusto. Si è partiti con una pluralità di iniziative parlamentari e con uno straordinario sforzo compiuto dal nostro relatore per presentare un testo unificato il più ampiamente condiviso.

Si è registrato, questa volta, un dialogo costruttivo con il Governo, che ha parlato sempre con una voce sola, anche quando erano presenti a seguire i lavori della nostra Commissione diversi suoi rappresentanti. Opportunamente, una considerazione privilegiata, anche se non esclusiva - molte altre sono state infatti le proposte di legge esaminate; tre ne ho presentate io stesso -, hanno ricevuto le proposte provenienti dai componenti del Copaco. Ciò, non solo perché si tratta dell'organismo parlamentare che ha una maggiore competenza al riguardo, ma anche perché la rappresentanza politica plurale ha consentito di garantire fin dall'inizio una larga convergenza. Del resto, anche in sede referente in Commissione affari costituzionali devo riconoscere che si è registrata una grande capacità di dialogo e di confronto tra i diversi schieramenti e gruppi parlamentari. Vorrei solo lamentare, eventualmente, il fatto che qualche gruppo parlamentare o qualche singolo appartenente alla Commissione non abbia osservato una presenza così assidua; tuttavia, chi ha partecipato attivamente ai lavori non può non riscontrare - ne abbiamo avuto anche un'eco positiva in questa Assemblea - come vi sia stato uno sforzo di dialogo, di confronto, di ricerca di punti di equilibrio, nonché degli opportuni e necessari compromessi parlamentari. Quando sono coinvolte forze politiche così diverse è giusto e necessario infatti individuare tali compromessi.

Quindi, la Commissione affari costituzionali, sotto la responsabilità del presidente e relatore, onorevole Violante, ha svolto - credo di poterlo dire a nome del mio gruppo - un buon lavoro, con spirito costruttivo e con una vera e propria cultura di governo da parte di tutti - o di quasi tutti noi -, appartenenti alla maggioranza o meno. Ciò, proprio perché ognuno ha riconosciuto che un'adeguata riforma dei servizi d'informazione e sicurezza e della disciplina del segreto rappresenta un interesse che non deve riguardare le maggioranze politiche pro tempore ma tutte le forze politiche, le istituzioni e, aggiungo, tutti i cittadini del nostro paese.

È stata così superata positivamente la vecchia diatriba, che aveva paralizzato il Governo precedente - e di cui, forse, abbiamo avuto qualche eco anche in quest'aula, anche se molto sfumata -, tra la concezione duale e quella monocratica in riferimento ai servizi.

Si è superata la dicotomia tra servizio dipendente dal Ministero della difesa e servizio dipendente dal Ministero dell'interno, che aveva reso difficile, spesso impotente, il CESIS e, obbiettivamente, aveva anche reso assai debole la responsabilità politica dello stesso Presidente del Consiglio, inteso come istituzione e non come singola persona.

In questo caso, si è quindi scelta la strada maestra relativa al rafforzamento della responsabilità politica in capo prima di tutto al Presidente del Consiglio dei ministri - che in questo non è primus inter pares -, al potenziamento del ruolo di DIS (Dipartimento informazioni per la sicurezza) che succede al CESIS, alla dipendenza di entrambi i servizi, interno ed esterno, dall'unica autorità politica rappresentata dal Presidente del Consiglio, esercitata direttamente in molti casi (mi riferisco alle competenze esclusive indicate tassativamente all'articolo 1 della proposta di legge in esame) o, in altri casi, attraverso l'autorità delegata, ove istituita, del ministro o del sottosegretario; tra l'altro, francamente, rispetto ma non condivido le critiche sul punto sollevate da qualche collega.

All'interno del DIS si collocano - rafforzandone il ruolo e dando ordinarietà dal punto di vista ordinamentale alle varie strutture - anche l'ufficio ispettivo (avrà un compito assai delicato, ma se funzionerà adeguatamente, forse, per il futuro, eviterà gli aspetti di degenerazione o di devianza che abbiamo conosciuto in passato), l'ufficio centrale degli archivi (che si occuperà di materia straordinariamente delicata) e l'ufficio centrale per la segretezza, il cosiddetto UCSe, che nel disegno di legge risalente alla scorsa legislatura aveva ancora una caratterizzazione francamente anomala.

Da ultimo, all'interno del DIS si colloca, opportunamente, la scuola di formazione, che contribuisce a dare a queste strutture un'articolazione operativa e un'unitarietà ordinamentale, di direzione e di organizzazione.

Inoltre - ciò, rappresenta un dato di novità rispetto alla preesistente situazione del SISMI e del SISDE -, questa proposta di legge prevede - bisognerà poi realizzarlo in pratica - un assoluto parallelismo tra le funzioni, i poteri del SIE (Servizio di informazione per la sicurezza esterna), che succede al SISMI, e le funzioni del SIN (Servizio di informazione per la sicurezza interna), che succede al SISDE. Quindi, lo ripeto, vi è un assoluto parallelismo fra i due servizi, che evita gli squilibri e le disparità che finora si erano verificati.

In ogni caso, non dovrebbe trattarsi di un mero cambio di denominazioni, bisognerà quindi superare squilibri da una parte, sovrapposizioni e possibili interferenze dall'altra.

Sul piano della responsabilità politica - l'ho già ricordato - emerge il ruolo centrale del Presidente del Consiglio, prima di tutto, e direttamente, in rapporto a lui, dell'autorità delegata (nella figura di un ministro senza portafoglio o un sottosegretario).
Emerge altresì l'importanza, al posto del più ampio CIIS (Comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza) del nuovo CISR (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica). Siamo in presenza di molte sigle, ma altrettante ve ne erano nella precedente normativa.

Nella proposta di legge il CISR è previsto in una composizione più ristretta, ma con la possibilità istituzionalmente prevista e definita di allargarsi di volta in volta, a seconda delle necessità istituzionali e di sicurezza. L'allargamento - se necessario - è previsto per gli stessi dirigenti dei Ministeri dell' interno e degli esteri, ma oltre ad essi anche a quelli della difesa, della giustizia e ad altri che sono stati evocati in quest'Assemblea.

Il profilo del rapporto tra Governo, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica - definito puntualmente al primo comma, del articolo 2, mentre l'articolo 1 riguarda il Presidente del Consiglio - e Parlamento è stato messo in evidenza da tutti i colleghi che mi hanno preceduto e per tale ragione non insisto troppo a lungo sul punto, seppure rilevante, del rafforzato ruolo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Quest'ultimo, avendo cambiato denominazione, non potrà più essere definito con la sigla Copaco (avremo una sigla in meno). Questo Comitato sarà preposto ad un più stringente controllo parlamentare, previsto dagli articoli 30 e seguenti, che ne fa un organo assai più incisivo e penetrante di quanto non sia nell'attuale normativa.

Tuttavia, non insisto molto su questo aspetto. Condivido che sia stato ampliato fino a dieci il numero dei suoi componenti. Forse, tale numero avrebbe potuto essere esteso ulteriormente, ma credo che su questo aspetto occorra trovare punti di convergenza, di equilibrio e di responsabilità da parte di tutti.

Temi di particolare delicatezza emersi nel corso dei nostri lavori relativamente al testo della proposta di legge nel dibattito anche qui in Assemblea, sono le due questioni specifiche - come tutti sanno - su cui si è soffermato poca fa il collega Zaccaria. Si tratta delle cosiddette garanzie funzionali, con la previsione di una speciale causa di giustificazione, prevista all'articolo 17 e seguenti.

È la questione del segreto di Stato, della sua tutela, della sua apponibilità ed opponibilità nonché del suo superamento e della sua non opponibilità in tutti quei casi che riguardano fenomeni di terrorismo o di eversione, di criminalità mafiosa e così via.

Le cosiddette garanzie funzionali sono ovviamente uno degli aspetti che possono suscitare maggiori preoccupazioni presso l'opinione pubblica. Ne abbiamo sentito anche qualche eco in quest'aula. Debbo dire che, obiettivamente, queste sono state introdotte sulla base di una forte responsabilità politica e quindi, politicamente, si risponderà anche di questo, al di là degli aspetti giudiziari, in relazione altresì a criteri molto rigorosi nel definire e delimitare tali garanzie funzionali.

Si tratta di criteri molto rigorosi - lo ribadisco - tali da escludere o meglio, più prudentemente, da rendere assai improbabili violazioni o deviazioni troppo facili, che comunque sarebbero sanzionate severamente in base alle norme che abbiamo introdotto.

Analogamente delicate e importanti sono le norme riguardanti il segreto di Stato, sulle quali, in caso di conflitto di attribuzione tra potere politico e autorità giudiziaria, sarà chiamata a giudicare, alla fine, la Corte costituzionale.

Su questa riforma, il ricorso innanzi alla Corte costituzionale diventa effettivamente - lo ha detto bene il presidente Violante all'inizio - la norma di chiusura del sistema ed è per tutti noi, credo, la massima garanzia all'interno di un sistema che può prevedere, non patologicamente ma fisiologicamente, conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato.

Ovviamente, come ho già ricordato, dal segreto di Stato - lo dico perché vi è una mia proposta di legge al riguardo, ma anche altre - sono in ogni caso esclusi notizie, documenti o atti relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale o fatti riguardanti le stragi, l'attività criminale mafiosa. Questa norma riprende un principio già contenuto nell'ordinamento, rendendolo però più incisivo ed anche più esteso.

Con questa proposta di legge, dunque, si possono rafforzare le garanzie (non mi riferisco solo alle garanzie funzionali, ma, in generale, alle garanzie del sistema), l'efficacia e l'efficienza degli apparati preposti alla sicurezza della Repubblica; tuttavia - voglio dirlo, proprio perché ho richiamato la storia, con cautela e pacatezza - soltanto il futuro ci dirà se queste norme saranno o saranno state sufficienti ad evitare il riprodursi di errori e di deviazioni del passato e se saranno o saranno state sufficienti a garantire un miglior funzionamento del nostro sistema e dei nostri servizi di informazione e sicurezza. Tutti francamente ce lo auguriamo! Abbiamo lavorato tutti con questo spirito, con questa finalità e con questo obiettivo.

Mi resta un forte dubbio su un tema specifico, ma non irrilevante, riguardante non tanto gli aspetti di riservatezza e segretezza che in questo provvedimento sono tutelati in modo assolutamente rigoroso anche per quanto riguarda l'attività del Comitato parlamentare, ma riguardante, invece, all'opposto, la pubblicità e l'informazione al Parlamento e all'opinione pubblica sui problemi, di volta in volta emergenti, attinenti alla sicurezza interna ed internazionale.

Signor rappresentante del Governo e colleghi, vi è certo un problema di garanzia della riservatezza, di tutela del segreto, di capacità di avere un controllo parlamentare penetrante proprio perché ovviamente non ne venga fatto un uso strumentale all'esterno, ma vi è anche un problema, sotto il profilo dell'importanza degli eventi che, mese dopo mese o anno dopo anno, si presentano nel nostro paese nel contesto internazionale, di informare il Parlamento, non solo il Comitato parlamentare, e, tramite lo stesso, l'opinione pubblica.

Purtroppo (è un tema che ho segnalato anche al presidente relatore su cui forse dovremmo intervenire con qualche adeguamento o correzione), scompare definitivamente la relazione semestrale del Governo al Parlamento, prevista dall'articolo 11 della legge n. 801 del 1977 che, in genere, i giornali ricevono prima dei parlamentari; tuttavia, quando qualche parlamentare, non molti per la verità (io sono uno di quelli che lo fa) ha interesse e a leggerla, si accorge che vi è un patrimonio di informazione e di conoscenza, senza la rivelazione di alcun segreto di Stato, che è assai utile per l'orientamento dell'azione politica interna ed internazionale e anche per rendere edotta l'opinione pubblica dei principali problemi sotto il profilo della sicurezza che si prospettano di semestre in semestre.

Ebbene, questa relazione prevista dalla legge del 1977 è un atto pubblico ed è destinato oltre che al Parlamento, tramite il Parlamento, alla più vasta opinione pubblica. Al suo posto l'articolo 33, primo comma di questa proposta di legge, prevede, invece, una relazione semestrale del Governo al Comitato parlamentare, relazione, anche per i suoi contenuti che riguardano aspetti anche delicati istituzionalmente, destinata a rimanere riservata.

Pertanto, a mio parere, bisogna affrontare tale problematica, mantenendo l'aspetto di riservatezza per quanto riguarda ciò che il Governo riferirà al Comitato parlamentare, che deve essere patrimonio conoscitivo solo del Comitato parlamentare, ma ripristinando in qualche modo questa relazione di carattere più generale che va rivolta al Parlamento nel suo insieme e tramite il Parlamento all'opinione pubblica più vasta.

Nell'articolo 4, comma 3, lettera m), a proposito del DIS, Dipartimento dell'informazione per la sicurezza, si parla di cultura della sicurezza. A mio parere è necessario, proprio in rapporto alla cultura della sicurezza, che tutto il Parlamento e tutta l'opinione pubblica abbiano un momento di periodico coinvolgimento ed informazione da parte del Governo sui temi di volta in volta emergenti all'interno e sul piano internazionale della sicurezza. Quindi, su questo punto credo che dovremmo fare lo sforzo di recuperare un aspetto comunque positivo della legge che abrogheremo (quella cioè del 1977).

Gran parte del lavoro che è stato fatto positivamente ha avuto come riferimento non solo le posizioni dei diversi gruppi, che si sono confrontate, cercando punti di convergenza e di equilibrio, ma anche l'accoglimento da ultimo, giovedì scorso - lo dico al collega Buemi, che ha espresso alcune considerazioni al riguardo, forse non più tempestive rispetto al testo ora al nostro esame -, di tutte le osservazioni, nessuna esclusa, opportunamente prospettate dalla Commissione giustizia della Camera. Ed è stata anche recepita la stessa condizione posta dalla Commissione difesa, che riguarda l'esclusione del RIS delle Forze armate dal Sistema di informazione per la sicurezza, condizione che in realtà era già compresa nel testo, all'articolo 2, comma 1, ma che comunque abbiamo voluto rendere ancora più esplicita, recependola anche all'interno dell'articolo 8, comma 2.

Per concludere, ringrazio per il positivo lavoro svolto - devo dire in una situazione non facile dal punto di vista della complessità degli argomenti sul piano tecnico-giuridico e della complessità del contesto politico -, il presidente Violante. Ringrazio anche il Governo per l'atteggiamento al tempo stesso costruttivo e prudente, che ha avuto nel rapporto con la Commissione affari costituzionali: costruttivo, perché molte volte ci ha dato delle indicazioni positive che sono state recepite; prudente, perché quando si è trovato di fronte ad una diversità di valutazione della Commissione parlamentare ha preferito recedere dalle proprie posizioni, contribuendo ad un clima di convergenza e di dialogo. Dialogo che ha caratterizzato, come ho già detto, anche il confronto fra tutti i gruppi parlamentari.

Continueremo questo lavoro in modo abbastanza serrato, affinché questa proposta di legge possa arrivare rapidamente al Senato, ma con tutto l'approfondimento necessario anche in questa Assemblea. Oggi abbiamo cominciato la discussione sulle linee generali, fra qualche giorno inizieremo (e concluderemo) l'esame degli articoli, recependo anche qualche proposta emendativa che si riterrà opportuno accogliere. Dunque continueremo e concluderemo, per questo ramo del Parlamento, il nostro lavoro con lo stesso spirito costruttivo - lo voglio dire per parte mia, ma penso che riguardi tutti o quasi tutti -, - con lo stesso senso di responsabilità, vorrei dire con la stessa cultura di governo, a cui ci siamo ispirati finora.

 

  Marco Boato

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